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Anoressia

L’astinenza è più facile 
della moderazione.
(S. Agostino)

L’anoressia (dal greco anorexía, comp. di an- privazione. e órexis ‘appetito’) è sicuramente il più “famoso” tra i disturbi alimentari. Probabilmente deve la sua fama al suo sintomo più evidente, una progressiva  perdita di peso che può condurre anche alla

morte.  Questa infausta sentenza, dettata letteralmente dal lasciarsi morire di fame, non rappresenta che la punta dell’iceberg  di una trama molto complessa che intreccia e assorbe tutti gli ambiti di vita della ragazza anoressica (anche gli uomini,  possono soffrirne anche se statisticamente con un incidenza molto minore).

Ma come nasce, evolve e si mantiene questo particolare tipo di problema?

Va prima di tutto detto che non si diventa anoressici da un giorno all’altro ma tramite un processo lento e graduale che solitamente si origina dal voler dimagrire, per uniformarsi ai moderni standard di bellezza, e porta al rifiuto del cibo.

L’astinenza dal cibo però si protrae ben oltre il raggiungimento del peso forma, fino a condurre ad un eccessiva magrezza, che cozza con gli standard a cui la ragazza si era ispirata. Pertanto non si sentirà mai adeguata e non sarà mai come desidera. La lente patologica arriva pian piano a deformare la percezione del proprio corpo, così come vengono distorte le critiche e i consigli di familiari e amici che cercano con il buon senso di farle comprendere come effettivamente stiano le cose.
Pian piano la tendenza all’astinenza dal cibo dilaga, investendo ogni aspetto della sua vita, fino a creare una corazza per difendersi dal piacere.
Dalle ricerche portate avanti dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, diretto dal Prof. Giorgio Nardone, sono emerse due diverse tipologie di anoressia, che variano in funzione delle motivazioni alla base del problema, e alle modalità di mantenimento.
Anoressia astinente:
E’ attualmente la più diffusa. Ne soffrono solitamente ragazze molto intelligenti e carine, dedite allo studio e al lavoro, che però vivono la propria vita in maniera un po’ ossessiva, tendendo cioè alla perfezione e al controllo, in modo particolare rispetto alla sfera emotiva.  Tutta questa perfezione nel fare le cose, nasce però da una profonda insicurezza per paura di fallire. Nel tentativo di placare la sfera emotiva particolarmente sensibile, che causa spesso sofferenza, scoprono che concentrando le loro attenzioni sul controllo del cibo e del peso corporeo, anche tutte le altre sensazioni si sedano. Quindi l’astinenza dal piacere dilaga impedendogli di vivere ogni emozione, sia quelle sgradevoli che gradevoli (una vera e propria corazza impenetrabile alle emozioni). Qualsiasi violazione all’astinenza dal piacere viene vissuta con un forte senso di colpa.
Tale situazione porta anche vantaggi secondari, come ad esempio attirare sul problema alimentare l’attenzione della famiglia, mettendo a tacere possibili diatribe interne centrate su altri argomenti.
Anoressia sacrificante
Come specifica il nome stesso, questa tipologia di problema porta la ragazza a sacrificare se stessa per l’equilibrio e il benessere della propria famiglia. Il suo rifiuto per il cibo rappresenta un problema così grande da riuscire ad unire la famiglia nel tentativo di risolverlo. Pertanto tutti gli  attriti familiari passano in secondo piano. Diviene quindi un martire che sacrifica se stesso per un bene più grande. Portando avanti tale condotta, arriva a radicarsi fortemente la credenza che se non continua con la  propria opera di astinenza al cibo, tutta la struttura familiare, che si regge sul suo problema, finirà per crollare.
Le tentate soluzioni che non risolvono ma peggiorano il problema sono:
Astinenza dal piacere
In entrambe le tipologie che abbiamo osservato sopra, la tentata soluzione preponderante è l’astinenza dal cibo (che diviene poi astinenza dal piacere investendo tutti gli ambiti di vita). L’anoressica sacrificante, può man mano verificare che il suo rifiuto alimentare apporta realmente dei benefici nella struttura familiare, che è costretta a modificarsi per affrontare insieme un problema così grande come il benessere della figlia. Il vero problema si presenta quando la ragazza arriva a credere che il sistema familiare dipenda solo dal protrarsi della sua condotta. Quindi l’astinenza diviene una trappola: se rincomincio a mangiare il destino della mia famiglia è quello di sgretolarsi. Di conseguenza avrà molta resistenza al cambiamento perché il suo problema secondo le sue credenze è funzionale al benessere familiare.
Nell’anoressia astinente invece il mantenimento della privazione alimentare rappresenta un modo per gestire i propri turbamenti emotivi. L’astinenza per il piacere all’ingestione del cibo, pian piano dilaga in ogni ambito di vita, costruendo una corazza che difende da tutti i piaceri. Ogni sgarro alle regole viene percepito con forte senso di colpa ed è inammissibile. Ed ecco che inizia a pesare ossessivamente ogni vivanda, a fare il conto delle calorie, ad aumentare le passeggiate e l’attività fisica, ecc. La maggior parte delle sue risorse interiori e dei pensieri sono volti al cibo e al fisico, tutto il resto non vale la pena di essere vissuto, tanto meno le cose piacevoli che vengono percepite con senso di colpa perché contrarie alla propria linea di condotta astinente.

Tentate soluzioni familiari
Come abbiamo osservato, la famiglia rappresenta spesso, almeno nelle fasi iniziali, un cardine importante nel mantenimento e nell’evoluzione del disturbo anoressico. Dal canto loro i genitori, che si trovano davanti un problema “ingestibile”, almeno utilizzando le logiche lineari, iniziano a mettere in atto delle tentate soluzioni guidati dal buon senso. Tra le più utilizzate troviamo:
Cercare di farla mangiare insistendo
standogli continuamente vicini
Preparare cibi specifici per lei
Tutti questi atteggiamenti sono quelli che vengono definiti dal Prof. Nardone: i migliori propositi che ottengono i peggiori risultati. Di fronte all’insistenza la ragazza risponderà con ancora più chiusura, preparando cibi appositamente per lei si concretizza la sua idea di meritare grazie alla sua condotta un trattamento speciale, standogli vicino di continuo si radica la sua credenza di essere malata e che la sua malattia serva a sviare l’attenzione familiare da altri problemi.

La Terapia Breve strategica risulta molto efficace nel trattamento del disturbo anoressico, attestando la percentuale di risoluzione completa del problema nell’83% dei casi trattati.

Bibliografia

  • Nardone G., Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo. Guarire rapidamente dalle patologie alimentari, Bur, 2003.
  • G. Nardone, Solcare il mare all’insaputa del cielo, Milano, Ponte alle Grazie, 2008.
    I. Conti, Autoinganni, Milano, Franco Angeli, 2012.

 

  • Nardone G., Verbitz T., Milanese R., Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi, Tea Edizioni, 1995.

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http://lospecchiodellanima.blogspot.it/

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L'anoressia (dal greco anorexía, comp. di an- privazione. e órexis 'appetito') è sicuramente il più “famoso” tra i disturbi alimentari. Probabilmente deve la sua fama al suo sintomo più evidente, una progressiva  perdita di peso che può condurre anche alla morte.  Questa infausta sentenza, dettata letteralmente dal lasciarsi morire di fame, non rappresenta che la punta dell’iceberg  di una trama molto complessa che intreccia e assorbe tutti gli ambiti di vita della ragazza anoressica (anche gli uomini,  possono soffrirne anche se statisticamente con un incidenza molto minore). Ma come nasce, evolve e si mantiene questo particolare tipo di problema?
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